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Federico Guglielmi e la Storia del vinile: la persistente bellezza della fragilità (Lato A)

Giu262017
Casa del Vinile

Federico Guglielmi è una leggenda vivente del giornalismo musicale italiano. In attività da oltre 40 anni, partito dalle radio indipendenti e diventato la penna del punk e della musica indipendente e alternativa italiana. Lunghissima la lista di riviste dove ha scritto e lavorato, partendo da Il Mucchio Selvaggio fino alle recenti collaborazioni con Classic Rock Italia e Audio Review, con in mezzo la pubblicazione di libri sulla musica (tra gli altri il volume sul Punk della Giunti e la biografia di Manuel Agnelli). Continua a lavorare in radio, conducendo la trasmissione “Pop Corn” su Isoradio RAI, coordina il Premio PIMI e aggiorna quotidianamente il suo blog L’Ultima Thule, già vincitore del Premio Musicletter per il miglior blog al MEI 2014. E questa biografia, fidatevi, è limitante.

Stiamo vivendo in un’epoca dove il vinile sta tornando in auge: è una moda, il segno dei tempi o un modo per affrontare il passato, ma anche il futuro?

Il vinile non è mai morto. Vero, le fabbriche in Italia sono sparite e ha ridotto le uscite, con la crisi che c’è stata, ma a livello underground, tanti artisti rock continuavano a produrre in vinile in tirature ristrette. Erano le major ad aver rinunciato al vinile. Ogni flusso ha il suo riflusso. La musica è diventata gradualmente ma velocemente impalpabile: prima ancora di Spotify, chiunque scaricava o ascoltava in streaming e volevano convincerci che la Musica fosse ormai tutta così. Però l’oggetto fisico ha un suo fascino particolare, dato dalle copertine, dato dal senso del possesso, dalle tante suggestioni. L’appassionato di musica ama anche l’oggetto e si era adeguato al cd, che è comodo e pratico, ma qualche cosa gli mancava. Qual è la cosa all’opposto dello streaming? Un oggetto ingombrante, pesante, costoso, che ti fa sembrare figo, scomodo, fragile.

Com’è avvenuta la rinascita del vinile?

È avvenuta con l’idea di ristampare pezzi ormai rari, non per nuove edizioni: molti vinili d’epoca erano diventati rari, alcuni proprio non si trovavano più e uscivano quindi nuove edizioni limitate.

Ma in tanti hanno scoperto quanto fosse bello affezionarsi a un oggetto da collezionare, a cui stare attento. Ma è un boom, una cosa di moda. Sono diventati uno status symbol: soprattutto i giovani – chi nato già con gli mp3 e il cd, e che l’epoca d’oro del vinile non l’ha vista – magari collezionano LP e neanche li aprono, comprano e raccolgono i vinili ma non hanno neanche un giradischi. Perché devi avere come ascoltarlo, e solo chi ha l’impianto del padre può sentire l’effetto che fa, gli altri prima che spendano il migliaio di euro che serve per avere un oggetto decente, lo tengono conservato. È una moda con una giustificazione suggestivo-sentimentale, anche se molti non li hanno mai visti i vinili dell’epoca. E fa contenti tanti anziani che trovano su vinile cose che erano stampate solo su cd.

Molte delle nuove uscite “speciali”, così come alcuni vinili delle nuove etichette indipendenti, si presentano già come edizioni limitate. Un altro aspetto del mercato?

I vinili li stampano in tirature limitate per esasperare il valore collezionistico. Ai miei tempi il vinile diventava raro, perché ne facevano poche copie, perché il gruppo non lo seguiva nessuno, poi a distanza di dieci anni qualcuno li riscopriva e i pochi che avevano il disco lo vendevano caro. Adesso i dischi li fanno già limitati, numerati, con confezioni incredibili e la gente li compra perché sono già rari. Un oggetto che ha un fascino di feticismo, che è una bellissima cosa in parallelo alla musica, ma non può essere il movente principale: il vinile contiene musica e andrebbe vissuto, non si può comprare per tenerlo là.

In Inghilterra i ricavi del mercato del vinile hanno superato quelli del download legale. La fine di un’epoca?

Il download legale è stato massacrato dallo streaming, è evidente. Lasciando perde gli audiofili in cerca del file perfetto lossless, se sei un ragazzo che si sente la musica dal computer. che ti cambia dal download a Spotify? Non c’è nessun motivo secondo me per cui qualcuno debba oggi comprarsi un normale file mp3 a 320 Kbps. Se in Inghilterra la situazione è così è più perché non frega niente a nessuno del download legale, che la mania per l’oggetto fisico, fragile ingombrante e costoso che poi non usano.

Proprio lo streaming ha stravolto il mercato. Usato da quasi tutti, pressoché legale ma incapace di generare introiti per tutta la filiera. Una rivoluzione o una truffa?

I musicisti sono inferociti con Spotify e YouTube, per le cifre penose che offrono, quando in realtà tutta la filiera ha aderito, unicamente perché era impossibile arrestare l’illegalità, per la serie “saranno due spiccioli ma fammeli prendere”. Internet ha costretto i musicisti a stare in tour perennemente per guadagnare, e comunque guadagnare di meno. Inoltre, una volta anche se facevi un disco brutto, a parte qualche fischio ai concerti non succedeva nulla, oggi c’è la gogna mediatica per tutto, che magari dura mezza giornata, ma che costringe il musicista a doversi giustificare. Sono convinto che tutti i musicisti, se potessero, tornerebbero all’era pre banda larga

Fino a metà 2000 c’è sempre stato un formato che si è imposto. Prima l’Lp, poi la musicassetta, poi il cd. In appena dieci anni si è tutto frammentato. Pensi che proseguirà in questa frammentazione, oppure alla sparizione del download, e del cd, ci sarà un ritorno di un formato “principe”?

È difficile da dirsi, perché magari inventeranno un nuovo formato che non possiamo prevedere. La frammentazione è un dato di fatto in ogni ambito, come si sono frammentati gli appassionati di musica di ogni stile e non c’è nessun fenomeno che unisca tutti. Un tempo c’erano i ragazzi che andavano tutti pazzi per delle cose, come i Pink Floyd. Mi immagino uno scenario dove c’è un po’ di download legale, un po’ di streaming, e la persistenza di vinile e cd. Ora qualcuno si è rimesso a fare le cassette… mi aspetto perfino i 78 giri! Credo sia abbastanza normale una situazione frammentata, non vedo un ritorno del cd perché non avrebbe senso, non vedo una crescita esponenziale del vinile perché sarebbe impossibile, non vedo uno streaming o download illegale che possano distruggere il formato fisico, perché non è stato ucciso prima. Lo streaming è comodo, ma non è per appassionati di musica e se dovesse estinguersi un formato penso possa essere il cd più che il vinile.

Parlando dal punto di vista storico, sei autore della trasmissione radiofonica “Pop corn”. Sei partito dai 45 giri, poi coi 33. Hai trovato qualche tesoro nascosto?

Di tesori ne ho trovati a pacchi, ho scoperto e riscoperto perle. Alcune sono state rivelazioni: pensa che Iva Zanicchi ha rifatto Leonard Cohen in italiano! Negli album dei 60 c’erano un gran numero di pezzi inediti, riempitivi, a volte chicche niente male, perché non avendo l’assillo di dover vendere o di esser trasmesse. Nel retro dei 45 giri ci sono state una infinità di pezzi fantastici, diversi. Con “Pop Corn” mi son divertito, mi sono dedicato anche agli adattamenti italiani di pezzi stranieri, ne ho pescati moltissimi nelle puntate normali, ma ne ho trovati molti altri tratti da singoli o album di successo.

Quale pensi sia stata la differenza anche storica tra il formato del singolo e del long playing?

Fino alla seconda metà dei 60, gli album erano raccolte di singoli con qualche pezzo in più, erano raccolte di successi. Poi son diventati “album” nei 70, da cui neanche si traevano singoli, e solo dopo il punk e la new wave si è tornati alla canzone. Poi quando si sono affermati i cd tutti hanno iniziato a fare dischi lunghissimi, anche con musica brutta. Adesso gli album son tutti brevi, anche perché si è tornati a realizzare i vinili, così da farli stare in un disco solo.

Sembra di essere tornati a un’era pre Beatles, dove il singolo ha ucciso l’album.

È vero, la singola canzone ha acquistato di nuovo un valore in più rispetto al passato. È quello che succedeva coi 45 giri una volta, solo che adesso il singolo te lo regalano e lo puoi ascoltare dappertutto, quando vuoi. D’altro canto questo discorso può valere per gli artisti di massa, mentre quelli che vedono la musica non solo come uno strumento per cercare di far soldi, vedono ancora l’album come un oggetto di rilievo. C’è un cantautore, Fabio Cinti, la cui edizione in vinile del suo disco ti toglie il fiato. Qualunque band che ci tiene alla musica fa dei bellissimi vinili, come i Baustelle.

Tutto il circuito del vinile prevede un aspetto, quello collezionistico, che raggiunge anche livelli esasperati a volte. Come ti ci rapporti?

Ci sono vari tipi di collezionismo. Il collezionista hardcore è quello che colleziona un artista e ha tutte le edizioni di ogni album. E quella è follia, non fa per me assolutamente. Capisco di più quello che vuole di un artista che gli piace tutto in edizione originale, nella stampa giusta dell’epoca. Le mie piccole deviazioni sono di avere di alcuni artisti la prima stampa originale, però su questo son stato avvantaggiato che li ho comprati in tempo reale.

Però immagino che tu tenga parecchio alla tua personale collezione. Tu sei un collezionista?

Devo ammettere da qualche anno ho perso interesse nei confronti del collezionismo musicale, perché oggi, per dire, fanno uscire dischi che sono già rari. Alcune cose quando le trovo a un prezzo ragionevole, se mi va le compro, ma son sfizi isolati. Dal mitico Nevermind in poi non mi interessa più molto, giusto qualche gruppetto nuovo, perché neanche dei Baustelle o Afterhours ho tutti i dischi in vinile. Per il passato, quello che volevo avere l’ho preso all’epoca, ma mi rifiuto di andare a spendere 500 euro per un 45 giri che magari ho in cd.

VAI ALLA PARTE 2!

Category: Casa del VinileGiugno 26, 2017
Tags: cdcollezionismodiscografiadownloadfederico guglielmilppop cornspotifyvinile
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Author: Riccardo De Stefano

Romano, classe 1987. È il Direttore di ExitWell, freepress magazine sulla musica alternativa. Scrive di Musica anche altrove (come su Classic Rock Italia) e organizza cose con il MEI (Meeting degli Indipendenti) e tiene workshop sul mercato discografico con ADASTRA.

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