Che Fabrizio De André sia tra i più grandi autori della canzone – non solo italiana – è un dato di fatto. La sua poetica è nota a tutti, così come la sua profonda voce e i suoi brani sono classici da imparare a memoria. Ripercorriamo la sua carriera con 5 dischi fondamentali da avere per forza nella vostra collezione!
La Buona Novella
Uscito nell’autunno del 1970, concept album ispirato ai Vangeli apocrifi, “La Buona Novella” di Fabrizio De André rappresenta una rivoluzione per l’autore genovese: il tema assolutamente originale – rivisitare la storia raccontata dai Vangeli, focalizzandosi sulla figura di Maria -, la verve poetica quanto mai così focalizzata e il messaggio allegorico, uscito in tempi politici e sociali complessi, ne fanno uno dei dischi più importanti della musica italiana. “Il testamento di Tito” diventerà un classico intramontabile.
Non al denaro non all’amore né al cielo.
Il disco successivo è un altro concept album, ispirato all’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Poetico eprofondo, l’album presenta una collezione di personaggi memorabili, come il Giudice, che soffre di nanismo e risponde alle ingiustizie con l’eccesso di giustizia, il Malato di Cuore che muore per l’emozione nel momento del primo bacio d’amore o l’Ottico che realizza occhiali per vedere la vera realtà delle cose. Infine il Suonatore Jones è un sorta di alter ego dello stesso De André: “E poi se la gente sa, e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare”. Non al denaro non all’amore né al cielo è un viaggio nel cuore dell’Uomo.
Fabrizio De André (L’indiano)
L’omonimo album dell’1981 risente dell’interesse del Faber per l’America (già molto presente in Rimini del 1978) e soprattutto per le popolazioni pellerossa. A questo tema si sovrappone la condizione del popolo sardo, in quegli anni intenta a rivendicare la propria autonomia: lo stesso De André, che vivrà per molto tempo in Sardegna, verrà rapito dall’Anonima Sequestri nel 1979. L’episodio è trasposto nella struggente Hotel Supramonte, scritta a quattro mani con Massimo Bubola come il resto dell’album. Altri classici sono Quello che non ho, dall’incidere blues, e Fiume Sand Creek, che racconta l’eccidio che subirono Cheyenne e Arapaho. L’album è anche noto come “l’indiano” per la copertina e l’assenza di un titolo esplicito.
Crêuza de mä
Pubblicato nel 1984 in collaborazione con Mauro Pagani, già flautista e violinista con la PFM, Crêuza de mä segna una nuova rivoluzione musicale per De André, che si avvicina alla musica etnica e adotta la lingua ligure per tutto l’album. Considerato uno dei migliori album musicali italiani di tutti i tempi (Rolling Stone lo pone al 4° posto della sua classifica), Crêuza de mä è un coraggioso viaggio nella ricerca sonora e linguistica, in direzione ostinata e contraria contro le regole standardizzate del mercato musicale.
Anime Salve
Tredicesimo e ultimo album del Faber, pubblicato nel 1996, Anime Salve dimostra l’incredibile maestria lirica di De André nonostante i tanti anni di attività. Da sempre attento alle condizioni dei più umili e sempre dalla parte degli sconfitti, Anime Salve è il disco dove De André si incammina, con l’aiuto di Ivano Fossati, per l’ultima volta in storie di umanità, sconfitta e riscatto: Prinçesa è un canto brasileiro dove la protagonista conquista la propria identità sessuale, donna nata i corpo di uomo; Dolcenera invece è il racconto di un incontro d’amore immaginato durante una alluvione genovese; Ho visto Nina volare è la trasposizione di un ricordo d’infanzia, sfumato attraverso la coltre del tempo. Musicalmente raffinato, con le suggestioni ritmiche del Sudamerica e la contaminazione linguistica di lingue straniere – portoghese, rom – e dialettale – sardo, genovese – l’album è una sorta di testamento poetico di De André, che nella conclusiva Smisurata preghiera sembra riassumere il suo percorso, “in direzione ostinata e contraria, col suo marchio speciale di speciale disperazione, e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi, per consegnare alla morte una goccia di splendore, di umanità di verità”.